Verso una scienza in relazione

Questa riflessione vuole porsi in continuità ed approfondire il precedente contributo Credere per Conoscere

Le scienze moderne sorte all’interno dell’occidente cristiano, nonostante alcuni conflitti con il potere ecclesiastico (su tutti le vicissitudini di Galileo Galilei), erano tuttavia ben comprese ed inserite all’interno di una visione sapienziale più ampia, come mostrano le riflessioni (diremmo oggi interdisciplinari) dello stesso Galilei, ma anche di Francesco Bacone, Cartesio, Pascal, Locke, Newton, Leibniz, per citarne alcuni tra i più noti. Tutti grandi scienziati e credenti in Cristo. 

Il punto di svolta, che oggi appare a molti come una distanza insormontabile tra scienza e fede, più che ad opera di Kant e dell’Illuminismo, riteniamo che si debba principalmente attribuire alla filosofia positivista di Comte, che ha sganciato le scienze della natura dalle riflessioni metafisiche e teologiche, ritenute oramai come stadi arretrati della conoscenza umana, completamente da superare.

Leggi tutto “Verso una scienza in relazione”

Forse non è poi così semplice

Provate a dare in mano ad un bambino un nuovo gioco, di cui si intravedano i meccanismi interni. La sua curiosità andrà a mille e così inizierà la sfida. Tenterà di staccare qualche parte, di smembrare il giochino fino a denudarlo, ritrovandosi con una serie di pezzetti da cui difficilmente però saprà ricostruire l’oggetto da cui era partito. Tuttavia, ha visto cosa c’è dentro il suo nuovo regalo, ha preso in mano una vite, ne ha capito l’alloggiamento e il funzionamento. Certamente ha guadagnato delle conoscenze, ma ha rotto il gioco che funzionava se tutto intero.

Questo assomiglia molto a ciò che fanno gli scienziati nel loro lavoro. Infatti, il criterio di base del metodo scientifico è la semplificazione. Dato che i fenomeni da studiare sono complessi, non siamo in grado di affrontarli così come sono e, come il bambino, abbiamo bisogno di smembrare, frazionare, suddividere per portarci su unità di studio più semplici, tanto semplici da poterle ridurre a misura delle nostre capacità manipolatorie.

Con la fisica e le questioni di sua pertinenza, le cose ci vanno piuttosto bene. Ricordiamo tutti la storiella di Galileo che buttava gravi dalla torre di Pisa e così imparava a descrivere matematicamente il moto accelerato dei corpi in caduta libera. KepleroNewton e le loro equazioni ci permisero di calcolare le orbite dei pianeti, fino ad arrivare alle onde gravitazionali previste dalla teoria della relatività generale di Einstein e finalmente rivelate per la prima volta a dicembre 2015.

Matematica, descrizioni, osservazioni, sperimentazioni qui riescono a fare gioco di squadra.

Per poco però che ci inoltriamo nell’ambito dell’organico, le cose iniziano a complicarsi. Per il comportamento cellulare è già più difficile isolare i vari componenti e capirne la dinamica a partire dalla modifica di un singolo elemento, perché non si riesce realmente ad enucleare un singolo fattore per attribuirgli tutta la causa della conseguenza che osserviamo. La faccenda si fa ancora più ardua per un organismo pluricellulare, e su su dentro l’arbusto evolutivo. Gli organismi, poi, non sono individualità separate, ma vivono in contesti, in relazione tra di loro e con l’ambiente, quindi il pedaggio della frammentazione si fa vertiginoso. Non parliamo poi di applicare il metodo scientifico alle scienze sociali, psicologiche ecc.

Lo spezzettamento in parti però mi pare paradigma del sistema che si sta dissolvendo. Come se questo approccio fosse ormai insufficiente e, almeno in parte, anacronistico, come se anche la scienza avesse bisogno di trovare nuovi criteri su cui fondare il suo metodo.

E se l’integrazione del suddiviso diventasse criterio aggiuntivo imprescindibile per l’indagine del mondo?

Se nell’articolazione del reale, i livelli organizzativi superiori non sono la semplice somma algebrica dei pezzi che li costituiscono, allora lo studio dell’intero, brulicante di relazioni, deve avere una sua dignità in sé. Pena la perdita non soltanto di informazione, ma anche di senso.

E se le discipline, attraverso cui cerchiamo di indagare il nostro mondo, scoprissero un nuovo livello di relazionalità che consentisse loro una forma dialogica di messa in comune delle specificità, per tratteggiare un quadro più organico, in ascolto del reale? La giustapposizione della multidisciplinarità non basta più e l’interdisciplinarità è ancora troppo poco; c’è bisogno di un intreccio profondo dei saperi per una nuova sintesi sapienziale.

Forse la precisione millimetrica e il colpo d’occhio panoramico sono in attesa di coniugarsi nel ritmo di un nuovo passo.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi