La ferita inferta all’ego moderno

La figura di Galileo Galilei viene spesso ridotta a quella dello scienziato vittima dell’oscurantismo religioso. Certamente questa convinzione diffusa nasconde un fondo di verità: lo scienziato toscano fu costretto a vivere gli ultimi anni della propria vita in totale isolamento proprio a seguito di un processo in cui fu giudicato eretico.

Come tutte le semplificazioni, tuttavia, questa visione tende a rimuovere la complessità delle vicende umane, e impedisce di cogliere in fondo la radicalità delle scoperte galileiane, che misero in crisi non solo i dogmi della Chiesa romana, ma anche una concezione del mondo profondamente radicata nella psiche umana, e rivelatasi erronea. L’ostilità nei confronti dello scienziato toscano non fu quindi limitata agli ambienti religiosi romani, ma investì più in generale vari scienziati e pensatori contemporanei a Galileo, che vedevano crollare un sistema di convinzioni e con esso il proprio ruolo gerarchico.

Le reazioni della Chiesa alle scoperte di Galileo

Il vissuto esistenziale di Galileo fu segnato dallo scontro ideologico con la Chiesa cattolica, che rifiutò in generale di accogliere la validità delle scoperte galileiane, in particolare quelle con cui lo scienziato toscano aveva dimostrato la piena sostenibilità della teoria copernicana. Copernico aveva ipotizzato infatti che fosse la Terra a ruotare intorno al Sole, e non viceversa, come invece reputavano i difensori della tradizione, ovvero i sostenitori del modello aristotelico-tolemaico. La Chiesa non poteva rinunciare ad una visione cosmologica sulla quale aveva fondato la propria autorità, e che trovava riscontro nelle descrizioni contenute nelle Sacre Scritture.

Ritratto di Galileo, ad opera di Justus Sustermans (1636)

Galileo era consapevole di ciò a cui sarebbe andato incontro, ma era convinto di poter dimostrare con la “verità dei fatti” e il metodo sperimentale l’evidenza delle proprie scoperte. Alla pubblicazione del Sidereus Nuntius, nel 1610, fece seguito il tentativo ambizioso e tenace di Galileo, attraverso vari viaggi effettuati sotto il patronage del Granducato di Toscana, di mostrare ad astronomi, scienziati, influenti figure politiche e religiose, la bontà delle proprie scoperte rivoluzionarie, ottenute grazie ad uno strumento giunto dall’Olanda e da lui affinato con l’aiuto di alcuni amici nello studio padovano: il telescopio. Il tour, tuttavia, non sortì l’effetto sperato, nonostante Galileo, di ritorno nel giugno del 1611 dalla sua “missione romana”, nutrisse ancora la speranza di vedere accolte le proprie tesi astronomiche. Ma nel 1616 Galileo venne convocato a Roma dal cardinal Bellarmino, che lo ammonì, diffidandolo dal difendere ulteriormente la dottrina copernicana.

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Il nome alle cose

Una calda notte italiana, nel cortile dei miei nonni, la cittadina di Manfredonia, nel Gargano, sperimentò un black-out totale. Per la prima volta in vita mia vidi la Notte. Alzai lo sguardo, poiché il Buio benediceva ogni cosa e vidi il Cielo. Fu la prima volta che lo chiamai così.

Rapito, mi ingurgitava in un abisso di luci e rotazioni, disegni e incredibili geometrie. La bellezza terribile e insostenibile per un bambino di periferia già abituato a vedere la morte e le brutture del contemporaneo consumista, rovina delle rovine, pareva spalancare le porte di ogni morte che aveva ghermito il mio corpo: in qualche modo, quella meravigliosa Sapienza mi apparteneva e, ancor più, io appartenevo a lei, come ai monti e al mare che quotidianamente vedevo stuprare.

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Naturale o Artificiale?

Una foglia: naturale.
Un sacchetto di plastica: artificiale.
Il veleno del serpente: naturale.
Un’auto: artificiale.

Bene, la catalogazione sembra facile.

Vitamina C nell’arancia: naturale.
Acido ascorbico nei biscotti: artificiale
E300: artificialissimo!

Ma è sempre lo stesso acido ascorbico altrimenti noto come vitamina C che nella classificazione internazionale degli additivi si chiama E300! Sì, ma… Provo a leggere in un vocabolario online la voce “artificiale”, magari mi aiuta:

“Ottenuto con accorgimenti o procedimenti tecnici che imitano o sostituiscono l’aspetto, il prodotto o il fenomeno naturale: bellezza a., ottenuta con cosmetici e truccature; fiori a. (o finti), imitati con stoffa o carta colorata o plastica; mano, gamba a., costituiti da una protesi.”

Mi viene un sospetto: che sia mal posta la domanda?
Ha poi senso voler fare una distinzione tra naturale ed artificiale?

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Verso un cosmo raccontabile

Pubblichiamo la seconda parte del viaggio di riflessione tra i social media e una nuova idea della scienza (la prima è reperibile qui).  Come già scritto, il testo  prende le mosse da un intervento dello scrivente presso la sede di Frascati Poesia, tenuto in data 10 aprile 2018. 

L’uomo. Ecco il grande escluso dalle moderne teorie cosmologiche. Ecco il grande furto a cui urgentemente porre riparo: c’è da riconsegnare il cosmo all’uomo. Dare all’uomo – ad ogni uomo – un modello di universo comprensibile, pensabile, lavorabile. Raccontabile, anche nei social. E soprattutto, portatore di senso.

La partita è fondamentale: un cosmo non raccontabile è un cosmo in cui il disagio di non poter tracciare una storia diventa angoscia, timore del nulla, si veste di senso di impotenza, si colora di paura dell’ignoto. Come da piccoli, la voce del papà e della mamma scavavano un percorso rassicurante nel buio della notte, confortando il nostro cuore impaurito, così l’umanità è sempre “piccola” – ovvero sempre in crescita – e desiderosa di ricavare un sentiero nel cosmo: per vedere il buio non più come oscurità, ma come un silenzio trattenuto, delicatamente trapuntato di stelle. Come scrivono Leonardo Boff e Mark Hataway, nel volume Il Tao della Liberazione,

“abbiamo smarrito una narrazione onnicomprensiva che ci dia l’impressione di avere un posto nel mondo. L’universo è diventato un luogo freddo e ostile, in cui dobbiamo lottare per sopravvivere e guadagnarci un rifugio in mezzo a tutta l’insensatezza del mondo”

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Facebook e la nuova scienza

Decliniamo in due puntate un viaggio di riflessione tra i social media e una nuova idea della scienza. Il testo che leggerete prende le mosse da un intervento dello scrivente presso la sede di Frascati Poesia, tenuto in data 10 aprile 2018. 

In questa prima parte, muoviamo da una semplice evidenza, che informa peraltro tutta la trattazione, la percorre anzi come sottotraccia: siamo in un momento particolare, nella storia del mondo. Momento che si configura davvero come un cambiamento d’epoca, come dice anche papa Francesco: “si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”, ci avverte, facendo peraltro propria la percezione diffusa in molti acuti osservatori, a qualsiasi fede e professione culturale facciano riferimento.

Se possibile, l’attualità di questo tema è diventata ancor più stringente, per lo scandalo relativo al caso Cambridge Analytica e all’uso (diciamo) “spensierato” di dati personali al fine di manipolare ed orientare le nostre scelte, non soltanto in ambito merceologico, ma anche in occasione di eventi importanti come le elezioni politiche. Questo ha esposto un vulnus, una ferita che riguarda noi tutti, perché noi tutti ci sentiamo in una certa misura invasi e offesi. Una ferita dalla quale dobbiamo e vogliamo imparare, lentamente, a guarire. Anche attraverso un nuovo e diverso rapporto proprio con Facebook, e con i social media in generale.

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La preziosità di un atto terapeutico

“Ho comprato la confezione da 36: in famiglia conviene averne quando serve!” – dice la protagonista della pubblicità, mostrando orgogliosa all’amica il suo nuovo acquisto. Sembrerebbe trattarsi di fazzoletti di carta o di fette biscottate. Invece si tratta di un farmaco antinfiammatorio.

Devo essermi persa qualche puntata nel frattempo. Avevo capito infatti che i farmaci venissero da lontano, come la loro etimologia che racconta la storia di un medicamento che è anche veleno. Pare infatti che non sappiamo curare se non avvelenandoci un po’ con i farmaci, se non mutilandoci un po’ con la chirurgia. Che sia medico o chirurgico, l’atto terapeutico non può evadere quell’ambivalenza che è poi parte dell’esperienza della vita che facciamo sulla Terra.

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Oltre il principio di inerzia

In questo scritto vorrei dare corpo ad una intuizione poetica riguardante una legge fondamentale della fisica classica: il principio di inerzia.

L’intento non è scientifico, nonostante ormai sappiamo che anche nelle scienze cosiddette esatte è stata sfatata la pretesa di certezza assoluta e incontrovertibile. L’emisfero sinistro del cervello infatti, deputato alle funzioni razionali, di controllo e della volontà, è chiamato ad integrarsi con il destro, sede dell’intuito, dell’intelligenza emotiva e della ricezione passiva.

Questo testo spero possa essere un contributo in questa direzione, nonostante l’apparente stranezza e vaghezza delle riflessioni proposte.

Vi chiedo perciò di immaginare come un piccolo gioco, nel quale lasciarci condurre dalle libere associazioni, mantenendo però vigile l’attenzione e l’accuratezza del pensiero.

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Sereno (un giro immortale)

Siamo giunti all’ultimo gradino del nostro itinerario,  del nostro viaggio tra fisica e filosofia (iniziato dagli antichi greci e approdato infine a  Heidegger). Attraverso le intuizioni di alcuni grandi filosofi abbiamo visto come cambia la visione dell’universo e della realtà in cui viviamo. La fisica contemporanea ci conferma di abitare un mistero del quale non siamo soltanto spettatori, ma co-creatori, attori incarnati, centri focali energetici e vibranti. Siamo universi noi stessi, infinitamente misteriosi.

Conclusioni

Che cosa possiamo dire al termine di questo excursus? Quale visione dell’universo e della realtà emergono dalle parole di questi filosofi? quale connessione essenziale con le scoperte della fisica contemporanea richiede di essere pensata ed elaborata assieme per preparare i presupposti di una nuova cultura?

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Martin Heidegger e il poetico

Stiamo per raggiungere la fine, e in questa ultima tappa del nostro viaggio tra fisica e filosofia (siamo partiti dalla filosofia greca, per giungere alle soglie della modernità con Giordano Bruno e la svolta copernicana, ci siamo quindi soffermati sulla rivoluzione operata da Kant, e abbiamo infine esaminato il pensiero di Nietzsche) incontriamo uno dei pensatori più importanti del ‘900: Martin Heidegger.

Anche qui, ci facciamo accompagnare da questo grande filosofo essenzialmente per ciò che abbiamo a cuore in questo scritto: cercare di capire quale via, quale direzione potrebbero indicarci queste grandi svolte nel pensiero che ci precede, per procedere oltre però, cercando di rimanere fedeli alla missione che questi stessi autori ci hanno indicato.

Martin Heidegger (Permission and copyright by dr. Hermann Heidegger)

Bene, Heidegger può aiutarci a proseguire lungo questa scia che da Bruno, passando per Kant e poi per Nietzsche, quasi ci costringe a tentare una nuova interpretazione dell’universo e della realtà, e quindi anche dell’essenza dell’uomo.

Egli fin dai suoi primi scritti affronta il problema della realtà delle cose, ovvero della domanda fondamentale della filosofia: che cos’è l’essere?

Qualsiasi cosa prendiamo in considerazione infatti, possiamo dire che è, che in qualche modo partecipa dell’essere, che è come un minimo comune denominatore di tutta la realtà. Il problema che Heidegger pone tuttavia è il seguente: come è possibile che l’essere sia, allo stesso tempo, ciò che di più evidente possiamo affermare circa l’essenza delle cose, eppure ciò che è più indefinibile?

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