Dove sono tutti quanti?

Non poteva mancare, in queste serie di video del progetto Darsi Spazio, il tema della vita extraterrestre. Passiamo in rassegna le questioni aperte, non trascurando gli interrogativi di senso che l’eventualità del contatto con alieni potrebbe comportare.

Famosa la domanda che fece Enrico Fermi mentre lavorava ai laboratori di Los Alamos, nell’ormai lontano 1950. Si parlava di un avvistamento UFO riportato dalla stampa, la conversazione si spostò poi su argomenti correlati, fino a che Fermi sbottò, Dove sono tutti?

È il cosiddetto paradosso di Fermi: se l’universo è pieno di pianeti adatti alla vita, davvero possiamo chiederci, ma dove sono tutti? In altre parole, come mai – a fronte di questa grande abbondanza di stelle e pianeti – non siamo ancora entrati in contatto con nessuno (e a maggior ragione adesso, che le nostre capacità di rilevare segnali dallo spazio sono enormemente cresciute rispetto all’epoca di Fermi) ?

In questa conversazione tra Marco Castellani ed Gabriele Broglia – la quinta della prima serie di Darsi Spazio, sempre sotto la precisa ed affettuosa guida di Emanuele Giampà – si parla proprio di questo.

Come è la situazione per la ricerca di vita nel Sistema Solare? E come andò per il caso della fosfina su Venere? E cos’è l’equazione di Drake?

Già da questi accenni, ben si comprende come l’argomento è realmente vastissimo, così che in questa mezz’oretta di dialogo possiamo appena toccare alcuni dei suoi punti principali, senza pretesa d’esaustività.

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In queste sconfinate periferie cosmiche

Nella quarta puntata del progetto Darsi Spazio, abbiamo affrontato un tema intrigante, quello del “dove siamo” all’interno del nostro vasto Universo.

Ed eccoci alla quarta tappa  del progetto Darsi Spazio, sempre in collaborazione con Gabriele Broglia ed Emanuele Giampà. Parliamo ormai spesso del cosmo e ci domandiamo – avendo ormai compreso che siamo in un ambiente in evoluzione e che le sorprese sono sempre dietro l’angolo – se siamo i soli ad abitarlo oppure quale sarà il suo destino ultimo (cose delle quali, tra l’altro, ci occuperemo con ogni probabilità nel nostro prossimo finale di stagione, le ultime due puntate che chiuderanno – speriamo “alla grande” – questa serie introduttiva, che ha finora riscosso un buon favore di pubblico).

Meno frequentemente, tuttavia, ci interroghiamo sulla nostra specifica posizione al suo interno. Su cosa, cioè, possiamo dire allargando virtualmente lo sguardo, come zoomando indietro dalla Terra allargandoci temerariamente nel cosmo, fino a scoprire pian piano le strutture più o meno estese intorno a noi.

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Attraversare un buco bianco?

L’avventura di Darsi Spazio prosegue approdando ad un tema suggestivo ed anche controverso, a metà tra scienza e fantascienza. Ma con evocative connessioni con la metafisica.

Terza tappa del progetto Darsi Spazio, sempre in collaborazione con Gabriele Broglia ed Emanuele Giampà. Dopo il resoconto spaziale della nostra partenza, dopo aver temerariamente assistito perfino alla danza cosmica di miliardi di stelle, questa volta – confortati da indici di ascolto e gradimento soddisfacenti – ci siamo buttati senza (troppa) paura su un argomento decisamente interessante, che solleva spesso molte curiosità.

Sto parlando dei buchi neri ma non solo, mi riferisco infatti anche alla loro controparte (ancora?) ipotetica dei buchi bianchi, di cui l’ottimo Carlo Rovelli ha fornito una descrizione semplice ed elegante nel suo recente volume edito da Adelphi, Buchi bianchi: dentro l’orizzonte, che avevo letto e brevemente recensito qualche mese fa.

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La danza cosmica di miliardi di stelle

Disponibile anche il secondo video del progetto Darsi Spazio. Una breve descrizione e soprattutto, un invito alla visione.

Nell’articolo precedente è stato introdotto il progetto Darsi Spazio, che è già arrivato alla pubblicazione del secondo dei sei dialoghi previsti per quest’anno (uno al mese, fino a giugno).

Lo spunto di partenza di questo dialogo è una frase di Marco Guzzi, pubblicata su Facebook qualche tempo fa

… soltanto lo Spirito che in questo istante sta dando la vita alle foglie del ficus sul mio terrazzo, soltanto la Potenza creatrice che mi sta donando questo esile respiro, dolcissimo e tenue filo di vita, soltanto la Mente geniale che lascia ruotare le galassie nella loro danza nucleare, potrà guidare anche i nostri passi.

Colpiti e confortati da questo pensiero largo, che considera tanto le foglie di una pianta sul terrazzo di casa quanto le galassie nella loro danza nucleare, ci siamo chiesti cosa possiamo dire di questi meravigliosi fenomeni di danze stellari, cosa accade nello spazio intorno a noi, se la galassia di Andromeda si “scontrerà” con la nostra in un remoto futuro e se sarà realmente un evento traumatico, come la mente sarebbe portata a credere.

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In partenza per lo spazio

La gestazione è stata lunga, l’idea di base ci era venuta diversi mesi fa. C’è voluto però un lavoro paziente di messa a fuoco, di limatura, di cura del dettaglio, di valutazione tecnica. Incontrarci, ogni tanto, riparlarne. Sfrondare dalle cose inutili, definire i contorni, piano piano.

Tutto perché il nostro obiettivo venisse più chiaramente portato alla luce: l’obiettivo cioè di rendere un servizio (innanzitutto ai praticanti Darsi Pace, ma più generalmente a chiunque sia interessato). Parlare del cosmo dal punto di vista scientifico, filosofico e spirituale insieme, onorando e raccogliendo – in prima istanza – tanti spunti che vengono dal percorso Darsi Pace, così intrinsecamente e splendidamente cosmico. Era davvero diventata una esigenza, per noi.

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Un approccio ragionevole

Cosa ci può dire un libro di alcuni decenni fa, sul modo corretto (e bello) di fare scienza, oggi?

L’impresa scientifica – l’abbiamo sottolineato molte volte, in queste pagine – non ha per nulla bisogno (contrariamente a quanto comunemente si pensa) di un asettico distacco dell’esaminatore rispetto al materiale di laboratorio, mentre si giova moltissimo di un approccio inverso, dove anche il sentimento viene tenuto in debita considerazione. Si tratta però di capire bene in che modo tenerne conto.

La gioia dei tecnici NASA all’arrivo della sonda New Horizons su Plutone, al suo “risveglio” avvenuto con successo, dopo anni di silenzioso viaggio…

Urge contestualizzare. In questi mesi, accogliendo un suggerimento di lavoro proveniente dal movimento di Comunione e Liberazione, ho ripreso dall’inizio il testo di don Luigi Giussani, forse il suo più celebre: Il Senso Religioso. Questo costituisce il primo dei tre volumi in cui si articola la proposta del suo perCorso (gli altri sono rispettivamente All’origine della Pretesa Cristiana e Perché la Chiesa). Come è stato notato in altra sede, questo primo è un volume che parla pochissimo di metafisica o teologia, mentre si sofferma molto della modalità corretta del conoscere, considerata a ragione una premessa essenziale a tutto il resto. Riguardo poi il mio Giussani, con grande piacere (e con una innegabile senso di rassicurazione: ero finito nel posto giusto), mi accorsi già molti anni fa che i primi due volumi del suo perCorso sono presenti nella bibliografia consigliata per il triennio di Darsi Pace. Tutto torna, insomma.

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Oltre il modello algoritmico

Nell’imminenza dell’incontro tra Marco Guzzi e Federico Faggin a Verona, sabato 20 maggio, una proposta di accostamento tra alcuni estratti dal libro “Irriducibile” e la Carta della Nuova Umanità

La Carta della Nuova Umanità è una iniziativa promossa da Darsi Pace e dal movimento L’Indispensabile, una proposta per raccoglierci intorno a pochi punti molto chiari. Una cordiale possibilità di ripartenza, in un clima innegabilmente confuso.

In una intervista di alcune settimane fa ho avuto modo di accennare a come la avverto io in quanto astrofisico. In questa sede vorrei piuttosto andare su una parte molto specifica del testo. Vi è infatti un passaggio che, a mio avviso, vale sottolineare specificamente per AltraScienza:

E ci rivolgiamo apertamente e cordialmente a tutte quelle persone, credenti o non credenti, cristiane o buddhiste, islamiche, ebree, hindu, o agnostiche o solo in ricerca, le quali comunque avvertano i pericoli e le distorsioni della visione antropologica riduzionistica, algoritmica, materialistica, scientistica, consumistica, e alla fine nichilistica, e bellica, che questo mondo al collasso vorrebbe imporci.

La Carta è un documento volutamente sintetico, per cui ogni passaggio è come se racchiudesse un tema, od anche una serie di temi, in modo compresso: chiama non tanto ad una fruizione passiva, ma alla necessità di un lavoro personale di interpretazione e di espansione. Anche per questo, mi appare come uno strumento formativo, non appena informativo.

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La scienza è un metodo

Definire bene le cose è il primo passo verso la chiarezza del pensiero. La corretta definizione di scienza la libera da tanti pregiudizi e ne restituisce la limpida semplicità che le è propria.

In effetti è così. La scienza è essenzialmente un metodo. Cultura e spiritualità hanno un compito pedagogico infinito, anche (aggiungo io) nel farci comprendere la vera natura dell’impresa scientifica.

La scienza è un metodo straordinario che ha dato risultati travolgenti. Un metodo di verifica, decisamente un bel metodo. Capace di schiarire la mente, aveva davvero ragione Friedrich Nietzsche. Personalmente, ho sempre avvertito come un buon articolo scientifico faccia pulizia nel cervello, allontani un po’ le paure ingiustificate, liberi i neuroni da tante scorie di pensieri pseudo filosofici perlopiù errati. La vera scienza fa bene al cuore, alla mente e al fisico.

Lo scientismo è invece una filosofia (da quattro soldi, aggiunge Marco Guzzi in questo estratto). Propria di persone che non conoscono la filosofia, i grandi passaggi del pensiero filosofico. Costellato di dogmatismi, che sono quanto di meno scientifico esista al mondo. Abbiamo un compito, che è quello di celebrare la scienza, difendere la vera scienza, dandole il suo ambito, che è un ambito molto preciso.

L’estratto a cui mi sto riferendo è una piccola parte della ben più estesa video intervista “Costruire la PACE dentro un sistema di GUERRA” a cura di Silvana Carcano, reperibile da YouTube (e per la limpidezza di visione e la rilevanza dei temi trattati vale senz’altro la pena di guardarlo tutto, anche se la parte dedicata alla scienza, di interesse specifico in questa sede, è concentrata nell’estratto che proponiamo).

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La prossima volta di Giorgio

Lo so che ora è di moda dire è stato il mio professore eppure lo dico, è stato davvero un mio professore, all’università. Sono contento – come molti – di aver assistito alla sue lezioni a Tor Vergata. Ebbi l’onore di averlo docente, prima ancora che in Istituzioni di Fisica Teorica, perfino in Tecnica della Programmazione, un corso che tenne per un intero anno accademico nell’attesa, se la memoria non mi tradisce, che si predisponesse la cattedra a lui certamente più adeguata.

A quei tempi (epoca profondamente anteriore ad Internet) la parte pratica di programmazione si svolgeva su un mainframe Perkin Elmer – mi pare piattaforma Unix, schermi rigorosamente a fosfori verdi – alla quale si alternava la parte teorica insegnata appunto da Giorgio con generosa passione e con una sua specifica “totalità”, che molti conoscono. Ricordo bene come si buttasse anima e corpo dentro i risvolti matematici di tale materia, ben distante da altri docenti che – qualora costretti dalle circostanze – non mancavano di manifestare disagio per il corso che stavano tenendo e per la distanza da quello che avrebbero invece desiderato.

Giorgio Parisi l’ho conosciuto così. Prima ancora di realizzare quanto fosse geniale, mi ha colpito come incarnasse con massima precisione e limpidezza, lo stereotipo dello scienziato distratto. Perché i luoghi comuni, se si disturbano di esistere, alla fine un po’ devono anche essere veri. In alcune circostanze, devono esserlo.

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Cosmologia e astrofisica, la nuova scienza

Sono tempi molto particolari, per la scienza. In particolare per le discipline riguardanti il cielo, la cosmologia e l’astrofisica. Come già delineavo in Teilhard aujourd’hui 31, viviamo davvero un’epoca particolare. Ed è ormai urgente che anche le persone poco addentro ai tecnicismi della scienza (a volte eccessivi) abbiano l’occasione per prendere piena consapevolezza di questo. Perché la portata di questa rivoluzione in corso è essenzialmente culturale, esistenziale: esonda ampiamente dall’ambito degli addetti ai lavori, per farsi necessario patrimonio di tutti.

L’immagine della regione intorno al buon nero supermassiccio al centro della galassia Messier 87, proposta nel 2019 grazie a due anni di rilevamenti dei radiotelescopi dell’Event Horizon Telescope. Si può osservare per la prima volta l’«ombra» del buco nero: la materia in caduta libera verso l’interno, riscaldandosi, emette luce percepibile  grazie ai radiotelescopi, rendendo così osservabile la zona “in ombra” all’interno del buco nero stesso. (Crediti: EHT Collaboration)

Cosmologia ed astrofisica sono essenzialmente nuove, infatti, perché del tutto nuovo è quello che stanno comunicando in questo tempo, a tutti gli uomini. Vorrei qui spendere qualche parola di premessa, che ci possa aiutare a vivere questo tempo, che è anche ed innanzitutto un tempo di scoperte, nel modo più consapevole. Procederò con quell’atteggiamento di consapevole fiducia nella scienza, tanto caro a Teilhard de Chardin, che ricordava come ”le analisi della Scienza e della Storia sono molto spesso esatte; ma non tolgono assolutamente niente all’onnipotenza divina, né alla spiritualità dell’anima, né al carattere soprannaturale del Cristianesimo, né alla superiorità dell’Uomo sugli animali“.

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