Terza tappa del progetto Darsi Spazio, sempre in collaborazione con Gabriele Broglia ed Emanuele Giampà. Dopo il resoconto spaziale della nostra partenza, dopo aver temerariamente assistito perfino alla danza cosmica di miliardi di stelle, questa volta – confortati da indici di ascolto e gradimento soddisfacenti – ci siamo buttati senza (troppa) paura su un argomento decisamente interessante, che solleva spesso molte curiosità.
Sto parlando dei buchi neri ma non solo, mi riferisco infatti anche alla loro controparte (ancora?) ipotetica dei buchi bianchi, di cui l’ottimo Carlo Rovelli ha fornito una descrizione semplice ed elegante nel suo recente volume edito da Adelphi, Buchi bianchi: dentro l’orizzonte, che avevo letto e brevemente recensito qualche mese fa.
L’occasione di innesco questa volta è data da un articolo che scrissi per il blog Darsi Pace nel 2019, quando la prima immagine di un buco nero fece rapidamente il giro del mondo, generando molta eccitazione e sollevando, come di consueto, nuovi interrogativi. Riporto qui la frase dell’articolo, dalla quale sono partite le nostre speculazioni.
La stessa visione scientifica del cosmo è in rapidissimo movimento. Anzi, anche lei in accelerazione, propriamente parlando. La nostra conoscenza dell’Universo fisico, rimasta sostanzialmente stagnante per moltissimi anni, progredisce proprio adesso ad un ritmo mai sperimentato: un tempo fecondo di esaltanti scoperte, certo, ma che a volte confonde gli stessi scienziati. Del resto, anche per chi di mestiere studia le stelle, è terribilmente vera l’affermazione che estrapolo da un testo di Marco Guzzi, “Di anno in anno cresce in ognuno di noi la dolorosa percezione di subire un’accelerazione vertiginosa dei tempi, come se fossimo tutti risucchiati e frullati in un vortice, che non sappiamo cosa voglia fare di noi.”
Nella mezz’ora circa per la quale si estende il nostro ultimo episodio, si spazia (come è ormai nostro costume) su vari temi connessi all’argomento portante, da Einstein ai tunnel spaziotemporali, per giungere – in ascolto della più marcata contemporaneità- agli interessanti rimandi spirituali che la teologa Selene Zorzi elabora sul libro di Rovelli (in un articolo di prossima uscita per i Quaderni dell’Associazione Italiana Teilhard de Chardin), fino alla simbologia del Tao.
Sempre Rovelli nel suo libro ricorda che il grande fisico Stephen Hawking diceva che non bisogna avere paura dei buchi neri della vita: prima o poi se ne esce. Se ne esce, passando per un buco bianco.
Buona visione!