Naturale o Artificiale?

Una foglia: naturale.
Un sacchetto di plastica: artificiale.
Il veleno del serpente: naturale.
Un’auto: artificiale.

Bene, la catalogazione sembra facile.

Vitamina C nell’arancia: naturale.
Acido ascorbico nei biscotti: artificiale
E300: artificialissimo!

Ma è sempre lo stesso acido ascorbico altrimenti noto come vitamina C che nella classificazione internazionale degli additivi si chiama E300! Sì, ma… Provo a leggere in un vocabolario online la voce “artificiale”, magari mi aiuta:

“Ottenuto con accorgimenti o procedimenti tecnici che imitano o sostituiscono l’aspetto, il prodotto o il fenomeno naturale: bellezza a., ottenuta con cosmetici e truccature; fiori a. (o finti), imitati con stoffa o carta colorata o plastica; mano, gamba a., costituiti da una protesi.”

Mi viene un sospetto: che sia mal posta la domanda?
Ha poi senso voler fare una distinzione tra naturale ed artificiale?

La separazione naturale-artificiale mi evoca la separazione corpo-anima. Come dire: quello che ha a che fare con il corpo fisico è naturale (la mia pelle ad esempio), quello che scaturisce dall’ingegno umano è artificiale, come se venisse da altrove, da una parte di essere umano che non è naturale-terrestre. Se fosse dalla natura sarebbe troppo poco, sarebbe squalificante per quella porzione di me che è la novità assoluta che Homo sapiens porta con sé. Ma è proprio Homo sapiens tutto intero ad essere la novità assoluta, l’inatteso che arriva al mondo nella sua originalità complessiva, non parcellizzabile.

Con l’uomo la natura inventa l’autocoscienza: non la si poteva immaginare prima – in ogni caso non ci sarebbe stata nessuna creatura con una capacità immaginifica adeguata. È soltanto nel momento in cui l’uomo compare sul pianeta Terra che si mostra la novità che l’uomo rappresenta.

La Realtà diventa più complessa per salti inaspettati, per emergenze imprevedibili che si lanciano oltre ciò che le precede. Come lascia intendere il fisico Carlo Rovelli, a livello quantistico il tempo sta benissimo fuori dalle equazioni, perciò non esiste. Poi da quel campo di eventi quantistici emerge la materia per come la sperimentiamo alle nostre grandezze, dove la freccia di Chronos non può essere elusa. Ed ecco compare la vita, ma la cellula non la si deduce dalla roccia, semplicemente prendiamo atto che ad un certo punto infiniti eventi contingenti (Telmo Pievani) crearono le condizioni perché ciò accadesse. Analogamente, un organismo pluricellulare non lo si deduce da uno unicellulare, per progettazione a tavolino. È accaduto. Così l’uomo si è presentato sulla scena della storia come il novum che può soltanto stupire. E che novum!

Un’autocoscienza che inizia a farsi domande, che si riconosce increspata da un’inquietudine, un sussurro di “voce” che si fa dialogo. Dentro di me c’è Qualcosa che mi attrae verso di Sé e mi fa intuire di una giustizia che combacia con la promessa con cui si apre la vita.

Il fatto è che come esseri umani ci siamo un po’ montati la testa, abbiamo scoperto di essere capaci di cose portentose, in grado di trasformare il mondo sempre più velocemente. Adesso il tachimetro ha raggiunto valori preoccupanti. Il resto della natura fa fatica a tenere il passo per tamponare le nostre marachelle e i nostri franchi crimini. Il rischio è che la cosa bella ci esploda tra le mani, e noi con lei.

Per sopravvivere abbiamo bisogno di uscire dall’eccitazione infantile del bambino che, davanti al nuovo giocattolo, lo spinge all’estremo per vedere fin quanto resiste. Abbiamo bisogno di ritorno alla base, dopo l’uscita durata millenni dell’anima, illusa eterologa, intrappolata in un corpo ripudiato, per assaporare la corporeità ad un nuovo livello. Abbiamo fame di una spiritualità che sia strumento prezioso per orientare il novum che siamo, cellula per cellula.

La via passa per il riscatto del sentire, gustato fino in fondo, venatura per venatura, indulgendo alla bellezza, che mi àncora a terra. E poi si scende ancora, nelle pieghe sottili delle emozioni, lasciandole fluire senza porre resistenza, per risalirne il corso fino all’origine, disostruirne la fonte e dare nuova vitalità alla corrente. La meditazione è tecnica potente per sgretolare le incrostazioni di antiche distorsioni e, con lavoro paziente, lasciare che l’identità prenda forma più rilassata. Conoscersi più a fondo nelle strategie difensive, smascherare gli autoinganni significa guadagnare un po’ di terreno a favore della libertà che si schiude così alle sue qualità.

Noi abitiamo una Realtà, appunto una, che non sa nulla di divisioni nette, di superfici di taglio, sa solo di gradazioni sfumate, di compenetrazioni, di mescolanze. La dualità umana di natura e spirito è la novità che emerge inattesa dallo stesso ceppo del mondo, perciò tutto ciò che facciamo ha un legame terrestre non rinnegabile. L’artificiale allora diventa un modo con cui il naturale si esprime, la differenza svapora perché io sono tutta naturale e tutta spirituale, come il lavoro delle mie mani è tutto naturale e tutto artificiale che è versione ristretta per dire culturale, per dire spirituale.

Autore: Iside Fontana

Laureata in Scienze Biologiche, cristiana, appassionata dell’interrogazione teologica e di tutto ciò che si cimenti nel tentare una sintesi del pensiero per una conoscenza profonda del mistero della vita. Single.

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