La svolta della modernità

“La nuova concezione del mondo: un dialogo fra fisica e filosofia” (secondo capitolo)

Siamo partiti dalle origini del pensiero antico per mostrare che in realtà la svolta del pensiero moderno, di cui siamo eredi, nasce proprio dal rinnovamento dei presupposti della filosofia greca. Questo è importante da capire perché significa che se vogliamo operare un cambiamento e tentare di ricollegare i vari ambiti del sapere umano, è necessario ritornare alla fonte del problema, cercando di rovesciare la struttura di fondo che in realtà accomuna gli antichi e i moderni.

Già a partire dal ‘500 però, accade qualcosa di inaspettato…

Giordano Bruno e la “nova filosofia”

Ecco allora che vi propongo un percorso attraverso quattro pensatori moderni della storia della filosofia che, nella loro evoluzione, ci hanno insegnato a contemplare la nostra realtà e il nostro universo in modo del tutto differente, talvolta anticipando alcune concezione che sarebbero apparse nella fisica sperimentale solamente alcuni decenni o secoli dopo.

Il primo è Giordano Bruno, filosofo e pensatore italiano nato a Nola, vicino a Napoli. Siamo nella seconda metà del 500’; nel 1543 Niccolò Copernico pubblica il suo testo fondamentale “De revolutionibus orbium coelestium”, nel quale appunto dimostra che la concezione Tolemaica, che era stata ripresa da quella Aristotelica, di un universo finito e chiuso in se stesso, con la terra al centro dell’universo e i pianeti che compiono le loro orbite attorno ad essa, è falsa. Al contrario appunto, è il sole al centro del nostro sistema, e la terra non è che uno dei pianeti che ruotano attorno ad esso.

Ciò che coglie l’interesse di Bruno, e lo spinge ad approfondire il problema è il fatto che, se così stanno le cose, allora possiamo ipotizzare che la visione stessa dell’universo e quindi della realtà in senso lato, debbano subire delle modifiche non di poco conto.

Bruno infatti inizia a concepire l’universo non più come chiuso in se stesso e finito, ma in-finito, dove ogni parte è in connessione con le altre e con il tutto. Un universo che, in quanto infinito, è infinitamente infinito, dove cioè, come dice il nolano, il centro e la periferia sono in ogni luogo:

«È dunque l’universo uno, infinito, immobile; una è la possibilità assoluta, uno l’atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo et ottimo; il quale non deve poter essere compreso; e perciò infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato e per conseguenza immobile; questo non si muove localmente, perché non ha cosa fuor di sé ove si trasporte, atteso che sia il tutto; non si genera perché non è altro essere che lui possa derivare o aspettare, atteso che abbia tutto l’essere; non si corrompe perché non è altra cosa in cui si cange, atteso che lui sia ogni cosa; non può sminuire o crescere, atteso che è infinito, a cui non si può aggiungere, così è da cui non si può sottrarre, per ciò che lo infinito non ha parti proporzionabili.»

Ecco che Bruno procede in questa sua speculazione e giunge a considerare come questa infinità infinita, che abbraccia ogni luogo e ogni tempo, debba abitare anche l’essere umano. Se l’infinito è ovunque, anche l’essere umano sarà abitato da questo infinito che lo costituisce e lo determina in quanto tale. Questo universo è uno, una unità infinita, una relazione costitutiva cioè del tutto col tutto, attuale e in potenza, cioè sempre diveniente nella sua realtà e nel suo essere interconnesso. In questa realtà dunque possiamo ipotizzare che vi siano altri sistemi solari, altre galassie, altre possibilità che non quelle visibili apparentemente, come la fisica e l’astronomia ci mostreranno nei secoli successivi:

“Uno dunque è il cielo, il spacio immenso, il seno, il continente universale, l’eterea regione per la quale il tutto discorre e si muove. Ivi innumerevoli stelle, astri, globi, soli e terre sensibilmente si veggono e ragionevolmente si argumentano. L’universo immenso ed infinito è il composto che resulta da tal spacio e tanti compresi corpi.”

Autore: Francesco Marabotti

Sono nato nel 1992 a Milano, città nella quale ho compiuto il mio percorso di studi, che sto portando a termine con la laurea magistrale in Filosofia. La ricerca di una verità che potesse coniugare l'anelito profondo di una libertà spirituale con la mia vita concreta ha sempre motivato il mio percorso e le mie aspirazioni. Per questo la passione filosofica si è sempre accompagnata ad una visione poetica di una possibile svolta dell’essere umano in questo tempo storico, per fondare una nuova modalità di pensare la realtà e le nostre relazioni.

4 pensieri riguardo “La svolta della modernità”

  1. Caro Francesco,

    intanto, grazie di cuore per questa seconda puntata di un contributo decisamente interessante e di utilità “cardine” per il nostro lavoro.

    La sorprendente “modernità” della visione cosmologica di Bruno (per la sua epoca) è tale da destare meraviglia anche al giorno d’oggi. Modernità particolarmente suggestiva – direi – nell’immaginare questa estrema vastità del cosmo. Laddove, nel postulare che sia incorruttibile ed immobile forse, inconsapevolmente, si appoggia comunque ed ancora a quel presupposto filosofico, di una “zona franca” dal divenire delle cose, di uno spazio “incorruttibile”. Che poi la cosmologia scientifica ha messo definitivamente in crisi, contestando su base empirica quella sorta di “principio cosmologico perfetto” che peraltro ha resistito fino agli ultimi anni dello scorso millennio.

    Inoltre, riteniamo adesso l’Universo come illimitato, e non necessariamente infinito: se è partito da un “grande scoppio”, non ha che potuto espandersi a distanze finite, anche se assolutamente “enormi” per la nostra capacità di comprensione. Se poi esistono altri universi, come alcune speculazioni matematiche sembrano indicare, è cosa al di fuori – almeno per il momento – della nostra capacità di indagine scientifica.

    Nondimeno, la modernità del pensiero di Bruno rimane tale da sorprenderci, adesso. Innumerevoli stelle e galassie, è proprio questo lo scenario che l’astronomo si trova davanti, nel suo lavoro quotidiano. Scenario previsto dal filosofo nolano con sorprendente anticipo, sulle acquisizione della scienza.

    Mi pare estremamente interessante, infine, il punto che tu sottolinei, ovvero questa “specularità” tra l’infinito dell’universo e quello del cuore dell’uomo: già qui si intuisce bene che ogni cosmologia procede di pari passo con una specifica concezione dell’uomo.

    E’ un campo ancora largamente da esplorare, da percorrere senza paura di stancarci. Starei per dire, anzi, che è esattamente il nostro compito.

  2. Grazie Marco,
    è proprio così: attraverso direi degli squarci quasi mistici
    che contemporaneamente e poi nei secoli successivi la stessa scienza confermerà, viene rivelandosi una cognizione dell’universo in cui abitiamo del tutto nuova e inedita, ancora da metabolizzare.
    Questo ancora con residui metafisici in Bruno, che poi verranno lentamente erosi e polverizzati per una sintesi che giunge fino ai giorni nostri, come vedremo nelle prossime puntate.

    Francesco

  3. Mi sembra che leggere queste parole, che ci arrivano da più di 400 anni fa, ci esorti ad essere pionieri ciascuno nel proprio tempo. Bruno ha ancora un pensiero troppo metafisico per i nostri gusti, ma le sue parole dovevano risuonare come fortemente destabilizzanti, e perciò da zittire, per chi si ostinava a voler tenere in piedi le navate delle vecchie cattedrali senza opere di ristrutturazione.
    L’infinito non si può intrappolare nelle nostre ristrettezze mentali, lasciamolo respirare dentro e fuori di noi…
    iside

  4. Bello questo confronto tra la l’astrofisica moderna e quella che si riteneva una teoria rivoluzionaria (tanto da mandare al rogo che l’aveva ideata), e che letta ora, coinvolge così profondamente da farci perdere di vista quelle coordinate che Marco lucidamente sottolinea. Complimenti ad entrambi.

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